INVITO ALLA LETTURA – MARCEL PROUST

Temendo che il piacere tratto da quella passeggiata solitaria potesse affievolire in me il ricordo della nonna, cercavo di ravvivarlo pensando a qualche grave sofferenza morale che l’aveva afflitta: sofferenza che, al mio richiamo, tentava di costruirsi nel mio cuore, slanciandovi i suoi immensi pilastri; ma il mio cuore, certo, era troppo piccolo per contenerla, non avevo la forza di reggere un dolore così grande, la mia attenzione veniva meno nel momento in cui esso si riformava intero, e le sue arcate precipitavano prima di essersi ricongiunte, così come crollano le onde prima d’aver compiuto la prima volta. Ma sarebbero bastati i miei sogni, quando dormivo, a farmi capire che il mio dispiacere per la morte della nonna s’attenuava, giacchè lei vi appariva meno oppressa dall’idea ch’io mi facevo del suo nulla. La vedevo sempre malata, ma in via di ristabilirsi; la trovavo meglio. E se alludeva a ciò che aveva sofferto, io le chiudevo la bocca con i miei baci, assicurandole che, adesso, era guarita per sempre. Avrei voluto far constatare agli scettici che la morte è davvero una malattia da cui ci si salva. Solo, non trovavo più nella nonna la ricca spontaneità d’una volta. Le sue parole non erano che una replica indebolita, docile, quasi una semplice eco delle mie: lei non era più che il riflesso del mio pensiero.

(MARCEL PROUST – ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO – SODOMA E GOMORRA II)

This entry was posted in Riletti and tagged , . Bookmark the permalink.

Comments are closed.