Hans-Georg Gadamer

Il tratto fondamentale dell’ermeneutica contemporanea è rappresentato dalla progressiva trasformazione dell’ermeneutica da disciplina particolare e ausiliaria, spesso accompagnata da un aggettivo (giuridica, biblica, letteraria…), a – secondo una fortunata espressione di Gadamer – vera koiné del filosofare della nostra epoca. Nel Novecento, infatti – ancora ricorrendo alle parole di Gadamer – questa parola “ha fatto fortuna, come accade alle parole che esprimono in modo simbolico l’atteggiamento di tutta un’epoca”. La storia di questa decisiva trasformazione è segnata soprattutto dal pensiero di Hans-Georg Gadamer e dal suo fondamentale Verità e metodo, che ha inaugurato il cammino dell’ermeneutica contemporanea nel suo senso più compiuto.
L’impostazione attraverso cui Gadamer articola il discorso ermeneutico ruota intorno ad alcuni termini-chiave: ‘interpretazione’, ‘storicità’ e ‘dialogo’.
Il cammino della filosofia vuole essere un’interpretazione del pensiero filosofico fondata sui contenuti e sulle forme della storicità e del dialogo, un viaggio che dia voce a un Gadamer testimone e interprete ‘in dialogo’ con la tradizione. Rispondendo alle nostre domande il filosofo tedesco – considerato l’erede di quella affascinante avventura del pensiero che va dalla filosofia classica tedesca ad Heidegger – si ferma a conversare con Eraclito, Parmenide, Platone e Aristotele, Kant, Hegel fino ai filosofi a lui contemporanei, ripensandone i concetti fondamentali. “Dialogare” significa varcare una distanza, riconoscere l’ “altro” nella sua irriducibile alterità per incontrarlo e comprenderlo.
Una “storia della filosofia” così pensata e raccontata è dunque un corrispondere alla domanda ermeneutica, ascoltando un filosofo che ha fatto del colloquio con i grandi maestri del passato la cifra del proprio pensare.
Una discussione che termina senza finire, perché – concludendo ancora con Gadamer, ma con una parola che non vuol essere mai l’ultima – “un dialogo è qualcosa in cui si capita, in cui si viene coinvolti, del quale non si sa mai prima cosa ne ‘salterà fuori’, e che si interrompe non senza violenza, perché c’è sempre ancora d’altro ancora da dire… Ogni parola ne desidera una successiva; anche la cosiddetta ultima parola, che in verità non esiste”.

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http://www.emsf.rai.it/gadamer/index.htm

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